Dal visibile all’invisibile

GALLERIA D’ARTE LACERBA

FERRARA

aprile 1994

S.G. ArtepubblicA

testo
A. Rolli

 

 

da “DAL VISIBILE ALL’INVISIBILE”

Nel lavoro di Roberta Pugno è la vita, immersa nelle realtà che non si vedono e che pure chiamano ad essere rappresentate, a porsi come ventre recettivo che genera l’arte. Tele, tavole, opere su carta, “espressione di un espressionismo astratto materico eccezionalmente felice, per cui ogni pezzo pare un Continente” come dice Marcello Venturoli, colpiscono la fantasia intelligente e altèra che sa dare alle immagini un contenuto di universalità.
L’inerte materia sovrapposta, stratificata, incisa, graffiata, rielaborata con raffinata affettività, acquista dalle sue mani la forza della vitalità (i rossi), l’identità e la calma (i grigi). Sono forme, geometrie, velature d’ombre e chiarori, a volte impressioni di nature primordiali, dalle quali pure si può prescindere, per lasciare emergere le visioni di un paesaggio tutto interiore; altre volte la sorpresa nasce dall’apparire dell’imprevisto nell’iter dell’artista e sono allora lineamenti e tracce di figure al confine tra essere e non essere ancora.
Le opere, realizzate dal 1987 al 1994 si articolano in sei cicli pittorici che hanno il senso della individuazione, oggetti, epoche, territori incantati nel fluire delle immagini che “nascono dentro e sono per noi stessi uno stupore”.
La sua ricerca, tra sogno e coscienza, si fa racconto dell’”approccio all’oggetto”, diventa intuizione sulla storia dell’essere umano e sulle origini della immagine interna.
Dal guardare al vedere, dal visibile all’invisibile. Immagini da quel periodo misterioso nel quale la nascita umana buona, fantasiosa e istintivamente intelligente, deve confrontarsi con il periglioso e accidentato mondo esterno La nebulosità prelinguistica, quel tempo magnifico che gli artisti da sempre cercano di ricreare, nel quale l’estrema recettività si accompagna all’impossibilità della visione nitida dell’oggetto del rapporto: IMMAGINI D’ACQUA. La graduale comparsa della linea che vibra nelle prime leggere geometrie: IL FILO E LA FORMA. Il definirsi della presenza, del nuovo oggetto del desiderio, il volto sfuocato dell’altro: IL VOLTO. Immagini da quelle remote manifestazioni culturali, matrici di tutti i racconti possibili, da quelle favole irrazionali inventate dagli esseri umani per rappresentare: GLI SCIAMANI, l’uomo davvero esistito, che sul proprio corpo paga il prezzo della ricerca, uomo di ruggine e di terra, asimmetrico, obliquo, ferito. I MITI, i luoghi senza confini dei sogni, del mistero, della conoscenza, la steppa (Gilgamesh), il mare (miti greci), la foresta (Parsifal, miti nordici). Equilibrio, colori caldi, marini, di muschio, IMMAGINI ROSSE: quando le idee si fanno presenza, vitalità, desiderio, rivolta (il sabba, le baccanti), quelli che hanno il vedere dagli occhi e le mani legate (Cassandra, i veggenti).
Le potenzialità intatte dell’inizio e non il fallimento conclusivo che sembra ineluttabile. A contraddire la ripetizione ostinata dello medesimo tema a volte gli antichi racconti finiscono bene. Dalla richiesta assillante di consolazione che annulla la possibilità del cambiamento al succedersi delle nascite che ripropongono la speranza.
Cosa sono le immagini d’acqua, il primo sogno dell’uomo? Non è la densità dell’aria, come nella depersonalizzazione, “aria di vetro”; è la densità buona dell’acqua della nascita…

Anna Rolli

 

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