La rivolta del pensiero

GALLERIA DELLA BIBLIOTECA ANGELICA

ROMA

maggio 2016

testi
Claudio Strinati
 Antonio Di Micco

 

 

copertina-sito

da “PRESENTAZIONE”

L’arte è di per sé alternativa all’esistente, va al di là della realtà percettiva, esprime dimensioni umane profonde, invisibili, forse impensabili. L’arte, dice Andrè Breton, “non può non essere rivoluzionaria”. Il titolo della mostra “La rivolta del pensiero” allude alla esigenza insopprimibile dell’essere umano ad andare oltre, a cercare le origini delle cose e il senso della esistenza. Lo scontro con la norma e il costituito è inevitabile.
Roberta Pugno racconta, “attraverso un percorso, arduo ed esaltante al contempo” come dice Claudio Strinati, la tensione alla ricerca e la potenza del pensiero ogni volta che un uomo o una donna propongono un salto universale di intelligenza e di creatività: dall’animismo alle donne ribelli, alla filosofia geniale, all’antropologia fino alle più recenti scoperte sulla realtà psichica.
“La Pugno dichiara con estrema chiarezza e felice entusiasmo le proprie fonti di ispirazione che spaziano tra tempi, luoghi e personaggi sovente remoti o remotissimi e pure in realtà incombenti, nel senso più alto e bello, sul nostro immaginario e sulle nostre più profonde aspirazioni”
Il luogo che la ospita per festeggiare i suoi trent’anni di attività artistica è unico: la galleria affaccia su piazza Sant’Agostino, compete splendidamente con la sovrastante Biblioteca Vanvitelliana ed oltre ad essere a due passi da piazza Navona, è vicina a San Luigi de’ Francesi con le tele di Caravaggio, ma soprattutto è contigua alla chiesa di Sant’Agostino con la sua straordinaria Madonna dei Pellegrini.
Ed è proprio nel Cinquecento che la pittrice trova i tre giganti della rivolta artistico-filosofica: Caravaggio appunto, Shakespeare e Giordano Bruno. “Chi ha seguito fino a oggi il cammino della Pugno – continua Strinati – conosce già le sue fonti di ispirazione. L’artista ha infatti individuato, alle origini stesse del nostro sapere e del nostro sentire, miti antichissimi come quelli di Gilgamesh e Enkidu, figure emblematiche che confinano quasi col mito come quella, meravigliosa, di Ipazia, personalità inquiete e potentissime, come quella di Giordano Bruno”.
Il sottotitolo dell’esposizione affronta la dialettica tra la conoscenza, quella che si raggiunge con la verbalizzazione e con la scrittura, e la sapienza, quel sapere-sentire di emozioni che l’arte e le immagini ci regalano.
Dice Strinati: “la Pugno è integralmente sprofondata nel linguaggio artistico e veicola tutte le sue vaste cognizioni in una unità espressiva degna della più grande attenzione da parte di chi si ponga davanti alle sue opere. Non è un’artista facile. Pretende dal suo osservatore una tensione morale e una dedizione all’arte che debbono essere assolute. Ma l’osservatore ne è talmente ripagato scoprendo come, in arte, la più “difficile” delle costruzioni possa sciogliersi immediatamente nell’altro da sé, diventare evidenza e chiara percezione della verità delle cose, un privilegio che è concesso a chi, come la Pugno, vive l’avventura artistica in maniera totalizzante e come tale la propone alla nostra convinta attenzione”.

Claudio Strinati

  

da “IMMAGINI TRA LE OPERE”

La mostra di Roberta Pugno è accompagnata in catalogo da un testo critico del professor Claudio Strinati e da ricerche etimologiche sulle parole intorno a cui si muove la sua trentennale ricerca.
Un esperimento, quello di unire la storia delle parole alle immagini, che ha già avuto due validi precedenti: al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese a Roma nel 2012 e al Palazzo Sforza Cesarini di Genzano nel 2013.
Cosa lega l’etimologia ad una esposizione d’arte contemporanea?
“Roberta non è un’artista facile” dice Strinati, le sue immagini poggiano su un patrimonio di storia e di filosofia complesso… e la muove un amore profondo per il pensiero umano.
Di contro parlando, cercando, studiando e “fantasticando” Antonio Di Micco ha scoperto alcune parole semplici ma intense che costituiscono una nuova chiave di lettura delle opere stesse.
Perchè, come risulta dalle più recenti scoperte linguistico-antropologiche, le parole sono nate fuse alle immagini.
Solo dopo,  svuotate  del loro contenuto,  rese  fredde e astratte, le parole sono diventate strumenti al servizio di ideologie autoritarie.
Portarle alla luce significa ridare loro quel suono e quel senso che le rendono universali come le opere d’arte.
TEMPO è espresso visivamente in una successione rossa di elementi assolutamente diversi tra loro, l’abbraccio di due forme orizzontali alludono alla vitalità della MATERIA, l’antico substrato etimologico di VOLTO ci porta a vedere in “Aruru” l’oro giallo del desiderio…
Di Micco ci fa attraversare il latino, il greco, l’accadico, il sumerico, l’aramaico per dirci, insieme a Roberta, che all’origine della storia della umanità c’è la bellezza.
L’ obbligo di ciascuno di noi ricrearla.

 

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