L’audaci imprese io canto

CASA DELL’ARIOSTO

REGGIO EMILIA
maggio – giugno 2000

„ROCCA ESTENSE
S. MARTINO IN RIO
maggio – giugno 2001

La Litografica. Reggio Emilia

testi
Antonella Serafini
Riccardo Ferrucci
Gian Carlo Zanon
Gabriella Terenzi

 

 

ilcavaliereda “ ERRANTI E STRANIERI”

 Con questo ciclo di opere ispirate all’Orlando Furioso Roberta Pugno tesse un altro lembo della sua lunga tela verso la comprensione del senso della vita e di ciò che governa gli esseri umani e i loro comportamenti. Prosegue nel farsi interprete e testimone allo stesso tempo nella strada verso la conoscenza. Con Gilgamesh, i ladri di fuoco e gli eroi di confine , dal passato remoto erano arrivati fino a noi i personaggi essenziali – i Miti – uomini e donne che portavano con sé il risultato definitivo della loro esistenza, una tessera del grande mosaico sulle ragioni dell’esistenza. Il tormento eterno di Prometeo che ha voluto “illuminare” e appropriarsi del fuoco della trasformazione è grande allegoria anche dell’arte che getta luce e compie interpretazioni. E’ ora il momento, attraverso l’Ariosto che parla da un passato assai più recente, di considerare non più solo il risultato ma i passaggi intermedi: la vita nel suo farsi; attraverso i cavalieri ecco gli uomini. I personaggi ariosteschi sono i figli di quegli eroi lontani: uomini e donne che combattono, si assentano, ingannano, pagano, affrontano le situazioni talvolta con estremo coraggio tragicamente conseguenti ai loro sentimenti, alle loro idee, fino alla fedeltà estrema, alla pazzia, alla morte, altre volte comicamente o brutalmente inadempienti.
Ma la Pugno torna qui ad affrontare, da un’altra angolazione, anche un altro argomento che le è caro, il tema de “la donna e lo straniero”: il Furioso è affollato di “stranieri”. Esseri estranei gli uni agli altri perché di religione diversa, perché nemici, perché maschi e femmine, perché sotto sortilegi e incantesimi. Il poema dell’Ariosto è un universo di stranieri che si ammazzano prima di essere riconosciuti, che si amano senza sapere chi sono, catturati soltanto da uno sguardo o da una magia dove spesso “la fantasia dell’altro” prevale sulla conoscenza dell’altro, e di cui la pazzia di Orlando è la conseguenza più evidente nella sua tragicomica catastrofe. Ma sono soprattutto esseri soli che divengono a turno occasionali compagni di viaggio e attraversano più o meno consapevolmente l’amore, l’odio, la fedeltà, l’oblio, il tradimento. Sono in ansia, in fermento, sognano, si disperano. Il Furioso è una grande antologia dei rapporti umani, della ricerca del dialogo con l’altro e della comprensione di sé. Roberta raffigura gli uomini dentro le armature: non si vedono i loro corpi, ciononostante li sappiamo rozzi e fragili benché tanto corazzati. Le donne invece sono rappresentate dalla pienezza dei loro visi, grandi volti sfumati simbolo, se non di una certezza, di una interna coerenza…

 Antonella Serafini

 

da “ UNA MODERNITA’ CLASSICA. L’ORLANDO FURIOSO RIVISSUTO DA ROBERTA PUGNO”

…Roberta Pugno è riuscita a cogliere la grandezza e l’attualità dell’Orlando Furioso: il suo viaggio tra libri magici, oggetti fatati, anelli, metamorfosi e cavalli alati si svolge con la naturalezza di una poetica che incontra il meraviglioso nel quotidiano, che innesca il registro fantastico, pur nella cura minuziosa dei particolari e della materia della pittura, che raggiunge la profondità di una personale reinvenzione. Lo scudo di Atlante, il libro degli incantesimi, Alcina, l’anello di Angelica, il corno magico, Orlando, Doralice sono alcuni dipinti che compongono una personale lettura, un viaggio in un racconto pieno di luoghi e visioni, di echi e suggestioni, di mirabili sorprese e struggenti incontri. La forza della Pugno è quella di cogliere l’essenza della lezione poetica ed umana dell’Orlando, un libro fantastico e pieno di sogni…

Riccardo Ferrucci

 

da “ FOLLIA E PERDITA DELL’IMMAGINE NELL’ORLANDO FURIOSO”

… La follia umana è sempre stata oggetto di interesse e rappresentazione da parte di poeti e artisti. Già nell’Iliade troviamo il famoso episodio dell’impazzimento di Aiace e, in un poema ancora più antico, un ignoto scriba sumero racconta la terribile follia di Gilgamesh di fronte alla morte dell’amico Enkidu, anzi di fronte all’incomprensibilità della morte dell’amico.
Nell’Orlando Furioso la follia è descritta splendidamente, con profondità e genialità di intuizione. Intrecciata alle imprese di cavalieri, re, maghe e guerrieri, compare al centro del poema, la storia dell’abbruttimento del protagonista, che da nobile paladino si trasforma in un irsuto uomo nudo che distrugge tutto ciò che incontra. Ma il cambiamento non è così rapido come sembra a prima vista. Cedimenti della ragione sono già presenti nel Canto XII. Quando Orlando entra nel castello di Atlante inseguendo la falsa immagine di Angelica – i fantasmi della sua mente? – ha già iniziato a perdere se stesso “ e sì come era uscito di se stesso, uscì di strada”. L’Ariosto ci dice che Orlando aveva perso la ragione prima dell’insania, e che perdere se stessi non riguarda tanto il vivere una forte passione, quanto, in termini analitici, costruire e assecondare fantasticherie elaborate al di fuori del rapporto con l’oggetto.
Così quando nel Canto VIII il paladino si agita insonne immaginando giorni trascorsi con Angelica, non si assiste al racconto di una vera sofferenza d’amore, ma al susseguirsi di pensieri ossessivi che annullano la realtà. Orlando ha un rapporto idealizzato con la donna, cioè, dal punto di vista delle dinamiche psichiche, un rapporto falso, un non-rapporto. All’immagine angelicata della donna corrisponde un’immagine altrettanto alterata di paladino che insegue ideali di purezza e perfezione. L’emergere degli affetti e della sessualità di Angelica mette in crisi non solo i valori sociali, ma anche la realtà umana di Orlando. Questo far coincidere l’immagine interna con l’immagine sociale di eroe e cavaliere, questo legare una propria immagine ideale a quella femminile predispone Orlando ad una grande fragilità. Si può supporre che Angelica, donna sensuale ma anche “strega” nel suo gestire gli affetti e le ingenuità maschili per creare scompiglio nell’esercito del nemico, abbia intuito questa fragilità e non abbia disdegnato di provocarla.

Gabriella Terenzi

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